Ed è qui che entra in gioco l'asso nella manica del film: Tom Cruise. Cruise ha cinquant'anni ma ne dimostra trentasei, è tonico, si arrampica sulle impalcature e canta superlativamente, dando al suo personaggio quello spessore inattaccabile posizionato a metà tra la buffonaggine e l'assoluta consapevolezza del proprio titanismo. Già dal suo ingresso in scena si capisce molto: lui le donne le distrugge, le manipola, le capisce e le allontana; si mangia il palco e cammina come farebbe Achille se decidesse di darsi al rock. Scardinare il trionfale vigore sessuale di Stacey Jaxx è la missione di Patricia Whitmore, first lady (è la moglie del sindaco) in cerca di vendetta: da ragazza è stata tra le vittime sciupate dal divo. E ha deciso di far chiudere il Bourbon Club, dove Stacey si esibirà in concerto. E a darle volto e carne è l'altra grande presenza del film, Catherine Zeta-Jones: di pastello vestita, sembra uscita da un film di John Waters. Grintosa e indiavolata come ai tempi di Chicago, si guadagna il numero migliore del film: all'interno di una chiesa canta e balla sulle note di Hit me with your best shot (inno sessuale di Pat Benatar), sfidando l'icona di Stacey Jaxx crocifissa su un muro e imponendo la rabbia e il suo desiderio di rivalsa sul mondo di musica detestabile che la circonda. La tensione tra i due è palpabile durante le due ore di film: si incontreranno sul finale, dentro un'unica, breve sequenza. Cruise e Zeta-Jones, volti emblema degli anni Novanta, divertiti, nvecchiati e ancora possenti in un film sugli Ottanta: sì, questo è il bello del cinema.
A completare tutto, un cast di supporto eccellente: Alec Baldwin, Russel Brand (rispettivamente proprietario e capo-cameriere del Bourbon), la bravissima Mary J. Blige, Bryan Cranston, Paul Giamatti che recita come se avesse a che fare con Shakespeare e Malin Akerman, che Shankman inquadra con morbosa ossessione: è bellissima e dolente, sesso e castità, indiscrezione e timidezza: quando canta I want to know what love is (meraviglioso pezzo dei Foreigner), numero che Shankman filma con impressionante consapevolezza delle proprie abilità, riesce a generare sentimenti di intimità, sfrenata sessualità e al contempo goffaggine. Rock of Ages è una gradevole baracconata: e non è da tutti rendere dignitose le baracconate, gestendo bene i ritmi, i tempi comici, il divertimento degli attori nel concedersi a contesti di assoluto patetismo istrionico. È questo il caso. Sono americani, e sanno divertirci (e divertirsi) con poco.
Giuseppe Paternò di Raddusa
"Rock of Ages"- Trailer
Nessun commento:
Posta un commento