Questo
è il periodo dell’anno in cui i maggiori centri italiani ospitano la
manifestazione volta alla difesa dell’orgoglio omosessuale: il gay pride.
Quest’anno è stata la volta di Bologna .La città emiliana è stata cornice del
pride 2012, conclusosi lo scorso 9 giugno al termine del corteo partito da
porta Saragozza, storica roccaforte dell’associazionismo gay italiano.
Considerati i tragici avvenimenti che recentemente hanno colpito l’Emilia, il
Pride si è svolto all’insegna della solidarietà a favore delle vittime
cagionate dal sisma. Sono stati modificati i connotati dell’evento: eliminati i
carri allegorici, caratteristica peculiare dell’evento, sono state organizzate delle raccolte fondi, il cui ricavato sarà
devoluto alle popolazioni colpite dal terremoto. Questo attesta che la
comunità omosessuale, oltre a lottare per affermare i propri valori, promuove
altresì un modello di cittadinanza attiva.
Tra i partecipanti,la parlamentare
Paola Concia, una delle promotrici della legge sull’omofobia, da sempre
impegnata nella difesa dei diritti degli omosessuali. Dal palco allestito in
piazza Maggiore sono intervenuti la madrina dell’evento,l ’ex deputata,Vladimir
Luxuria che scaglia parole provocatorie nei confronti del Papa “ Ci sarebbe piaciuto se un tocco di sobrietà
ci fosse stato anche alla festa della famiglia del Papa. One family è uno
slogan vecchio. Esistono tante famiglie e tanti colori” e il sindaco della
città Virginio Merola che ,con fermezza, dichiara “È necessario che il
Parlamento approvi una legge contro
l'omofobia e la transfobia come una legge sulle unioni di fatto. Ma è
necessaria anche una legge sul matrimonio civile tra persone dello stesso sesso
e mi auguro che quel giorno possa arrivare»In questa occasione, migliaia di LGBT (lesbiche,gay,bisex e trans) del nostro Paese sono scesi in piazza a denunciare quel vuoto di diritti che li colpisce da vicino,mietendo vittime nel silenzio.
Pensando al Gay pride, l’immaginario dell’italiano medio si proietta subito in atmosfere da commedia dell’assurdo. Ma dietro ai soliti pregiudizi si celano storie diverse, accomunate dalle sofferenze, dai disagi comuni a tutti: non essere totalmente integrati nella società. Sono storie di studenti, lavoratori subordinati, disoccupati che scelgono un altro progetto di vita e si aspettano che lo Stato di cui sono cittadini gli fornisca i mezzi per realizzarlo.
In più di 30 anni di militanza l’Italia non ha varato leggi che disciplinino le unioni civili omosessuali, non riconosce ancora il matrimonio come uno dei diritti inalienabili dell’uomo. Se, dopo tutti questi lustri, ci si ritrova ancora ad organizzare gay pride, significa che non è cambiato nulla. Significa che vi sono ancora forme di emarginazione, che si verificano ancora episodi di omofobia, che consideriamo ancora “diverso” chi ama una persona dello stesso sesso. Tutto ciò costituisce il vero motore della lotta per gli omosessuali.
Sperando che l’Italia presti più attenzione ai diritti civili e seguendo le orme della Francia e degli USA, si impegni a costruire una società in cui ciascuno possa avere pari diritti e opportunità, la comunità omosessuale depone momentaneamente le bandiere arcobaleno e si prepara alla prossima battaglia.
Roberta Fisichella
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